LA JENA SBARCA A BORGAGNE
Non c’è stato nulla da fare neanche questa volta. A nulla, come nelle edizioni precedenti, sono valsi né lumini a sant’Antoni, né voti. Sono ritornati di nuovo. Il protettore non ha fatto il miracolo neanche questa volta. Parliamo dei famigerati “Zingari a settembre” che quest’anno, fra l’altro, si sono arricchiti (si fa per dire) di un nuovo socio, Maurizio Turi. Come dire, bella rrobba, chi lo conosce lo evita. I vecchi dicevano: “Cucchiate cu unu meiu de tie e falli puru le spise”, ma tant’è. La cronistoria della serie di lazzarate affonda le radici al giorno della partenza dalla piazza del paese, direzione Cinque Terre. I bambini sono attrezzati di divisa, di cui, fra l’altro vanno orgogliosi. “Zingari a settembre” si legge sulla maglietta, con tanto di porco stampigliato. Mai logo è stato più appropriato. E, va bene, ognuno si accontenti di quello che ha! Appello della compagnia prima della partenza: Aldo e Maurizio Turi, Riccardo Innocenzio, Piero Saracino, Vincenzo Liagrosi, Antonio Luceri, Fernando Dima, Fernando Tamborrino, Amerigo Califati, Luigi De Gaetani. Alle ore 9 del 5 di settembre si parte fra gli applausi della gente che li accompagna, “Finalmente”, urlano di gioia, e le Ngracalate cantano a squarciagola. “Una settimana di pace”, commenta la vox populi. Prima tappa, Montefalcone, in provincia di Viterbo, con alle spalle il lago di Bolsena. Mica fessi, si mangia. Ad attenderli una cantina che produce vino dalla denominazione calzante ai nostri: Sss. Che vuol dire “Sono senza senso”. Non è stato un caso, naturalmente. Come il cardinale che percorreva quei siti nel medioevo mandava avanti il suo assaggiatore perché assegnasse una o più S, a seconda della qualità del rum, così gli zingari hanno mandato in avanscoperta il dottore Riccardo Innocenzio come persona più seria (sic!). Lascio all’immaginazione del lettore come lo trovavano ogni volta. “Ci facia cadire la faccia”. Se a dirlo è Aldo Turi, figuratevi com’era conciato. Raccontano che una sera, sulle ripide stradine del monte Amiata, si siano sfidati in una partita della vita i due compari Riccardo e Aldo, anche lui andato, ma è superfluo aggiungerlo. La scopa non è mai finita. Pare abbiano promesso, lucidità permettendo, terminare l’ultima mano in piazza in paese. Incoscienti, hanno rischiato di finire in galera quando in una piazzola di sosta, altoparlante a palla, hanno richiamato le attenzioni della Polstrada che li ha redarguiti. Ma loro irresponsabili erano e tali sono rimasti. Piero Saracino gli rideva in faccia: “Non mi trattengo, non mi trattengo”, continuava a dire a qualcuno che lo richiamava nel tentativo di rabbonire i poliziotti. Per dare un po’ di fumo negli occhi ai paesani in attesa di notizie hanno visitato qualche posto che non era, precisamente, una trattoria. Tipo Palazzo Farnese, a Caprarola. Calma: sono andati a visitare la camera del bunga-bunga del cardinale. Aggiornamento. E, poi, mangiate luculliane. “Ma a mezzogiorno ci siamo sempre mantenuti leggeri”, hanno dichiarato. Ma la sera al rientro, “Nci simu ccisi”. A Genova, hanno atteso un compare che avevano dimenticato in paese. Ma Luigi De Gaetani non poteva mancare. Per darsi un attimo di tono: “Abbiamo assistito alla conferenza sull’acqua”. Ma dopo, a fare festa c’era il vino: se mangia. All’isola d’Elba, bella, “ma come si è mangiato, ogni riccio da premio pescato dal dottore, all’alba, quando aveva digerito la sbornia della sera prima”. Il mesto ritorno è stato ristorato da un incontro a Teano, fra la Susi ed Aldo a cui era andato incontro (doveva ritornare a casa ed allora ha approfittato del passaggio). Da quel momento, in effetti, è finito l’ultimo atto di “Amici Miei” borgagnesi. Tutti a casa e appuntamento al prossimo anno.