Melendugno: breve analisi di un paradosso elettorale
Marco Potì è il nuovo sindaco di Melendugno con 2597 voti ovvero il 37,6% delle preferenze che grazie al sistema maggioritario gli permetteranno di poter contare su 7 consiglieri sui 10 totali.
Da questo dato bisogna partire per capire come il partito socialista, che alla vigilia delle elezioni aveva una forza elettorale nella migliore delle ipotesi di 1700 voti, ne abbia potuti guadagnare 900 e vincere inaspettatamente le elezioni comunali.
Ancora una volta le forze politiche melendugnesi hanno preferito perseguire interessi immediati piuttosto che interessi reali.
Il PD, che alle ultime regionali registrava 756 voti nel comune di Melendugno di cui 119 a Borgagne, ha preferito presentare la figura del candidato sindaco in una lista con solo un altro consigliere piuttosto che avviare un progetto serio di centrosinistra. Per avviare questo progetto certamente le alternative percorribili erano un’ alleanza con i socialisti o, qualora non ci fossero state le possibilità, una lista PD allargata alla società civile che avrebbe consentito, se non altro, di allargare la base elettorale. Se si vogliono includere anche i voti al candidato sindaco, i voti del PD ammontano a 344 ovvero il 5%. Una disfatta. Stesso discorso vale per il centrodestra.
Uniti 2.0 dopo la scelta delle regionali del 2010 poteva considerarsi un progetto concreto di centrodestra ma i personalismi hanno prevalso sull’idea politica portando a una frattura che difficilmente potrà rinsaldarsi. Roberto Felline passa dalle 518 preferenza come candidato sindaco delle scorse elezioni a 188 dando consistenza all’analisi dei più che ne vedevano logorata l’immagine dalla sovraesposizione elettorale e dal passaggio dal PD al PDL alle ultime regionali.
Cherubino Durante, esponente di spicco di Uniti 2.0 in concorrenza con Felline per la poltrona di candidato sindaco, è passato da 338 a 251 preferenze. Gli elettori di “Uniti” hanno dimostrato di non aver gradito questa lotta intestina e hanno dato torto a entrambe le correnti.
Il sistema maggioritario favorisce la governabilità e canalizza il voto di protesta. Se si sceglie di votare contro una lista, si sceglie di votare per la lista percepita come più forte in opposizione alla lista considerata. Il capolavoro strategico della lista n1 è stato quello di capovolgere la percezione delle posizioni di potere. Nel bene o nel male la famiglia Potì governa Melendugno da decenni e quindi sarebbe risultato naturale, per una necessità di alternanza democratica o per una voglia di rinnovamento, che il voto di protesta fosse andato in direzione contraria a quella di Marco Potì.
La direzione privilegiata di questo voto doveva essere la lista capeggiata da Felline e così la cittadinanza melendugnese si orientava nelle prime fasi della campagna elettorale. Quando però la pressione è salita, si è avuta la percezione che la partita si giocasse tra Giausa e Potì soprattutto per il deficit considerevole che la lista numero quattro registrava a Borgagne. Una parte degli elettori di Felline si sono trovati nella condizione di concretizzare il voto di protesta scegliendo per il voto utile tra la lista numero uno e la lista numero tre. In questo momento si è consumato il paradosso. Gli indecisi hanno valutato il candidato sindaco, la composizione delle liste e gli apparentamenti esterni e, per la prima volta nella storia di Melendugno, hanno deciso che il voto di protesta, contro un modo di far politica che non condividono, fosse dovuto andare a favore di Marco Potì.
In breve l’ “antipotismo”, fulcro della dialettica elettorale melendugnese, diventa un cadavere politico di cui è stata data pubblicità la sera del sette Maggio.
L’analisi non è sicuramente esaustiva ma vuole essere un punto di inizio per ricominciare a parlare di politica dopo lo “sciopero dei contenuti” che si registra negli ultimi anni sia a livello locale che a livello nazionale. Le campagne elettorali è bene che siano vetrine di idee: un momento per condividere con tutti i cittadini le linee programmatiche del paese che verrà. Dal palco si è parlato sino all’ultimo giorno di alleanze, intrighi e ingiurie. Sia all’interno che all’esterno dei partiti ci sono giovani e meno giovani che hanno una bella idea di far politica che non è stata rappresentata. Cogliendo l’occasione per augurare buon lavoro al nuovo sindaco di Melendugno e a tutta l’amministrazione, si auspica quindi che queste risorse, le vere risorse di un comune, vengano valorizzate al meglio e abbiano l’opportunità di emergere.
Alberto Santoro – Associazione Tramontana
postavo il 5 aprile: “in un paese (che non è cavallino) si è arrivati al paradosso che, se si vuole la discontinuità amministrativa, bisogna votare per i discendenti del sangue reale… ho detto tutto”
Non sono di Melendugno, non sono neanche minimamente socialista e non conosco ne’ le dinamiche ne’ le strategie elettorali. Cio’ premesso, da esterno, credo che una cosa sia certa ed assolutamente evidente a tutti, melendugnesi e non: altro che “antipotismo”, queste elezioni dimostrano esattamente il contrario. Le alternative non sono state ritenute credibili. La frase “ancora una volta le forze politiche melendugnesi hanno preferito perseguire interessi immediati anziché’ interessi reali” e’ fin troppo ambigua. A quali interessi si riferisce l’autore dell’articolo? Articolo in cui traspare fin troppo, spiace dirlo, l’amarezza per un risultato elettorale diverso da quello sperato.