Questione Tap. Il manager Russo dichiara: “Anche il defunto sindaco Potì voleva la Tap”
Si è svolta qualche giorno fa l’audizione del country manager Tap nella quinta Commissione regionale all’Ambiente.
Il commento di Antonio Galati (Sel), consigliere regionale membro della commissione che ha puntualmente incalzato Gianpaolo Russo sul progetto del gasdotto e sul suo approdo sulle coste salentine.
“Da Tap sono arrivate ammissioni che consideriamo preoccupanti – dice Galati – e che sono il frutto delle puntuali domande tecniche sul progetto, segno che i confronti non possono essere generici e attinenti a questioni di principio, ma incentrati sui dati tecnici e empirici”.
Tra le dichiarazioni del country manager il consigliere regionale Galati segnala all’opinione pubblica tre vere e proprie ammissioni:
1) L’alternativa di Brindisi Nord (zona Casale) è stata scartata senza alcun valido motivo, se non quello di ipotetici e futuribili piani di rigenerazione in una zona attualmente degradata. L’alternativa di Brindisi Sud (area Petrolchimico) è stata scartata per le difficoltà imposte dalle norme sulla sicurezza di simili impianti. Per non toccare queste due aree, però, Tap sceglie l’alternativa di San Foca, di grande pregio naturalistico e di importante valore turistico.
2) “L’alternativa di San Foca – ha affermato Russo – fu concertata con il precedente sindaco“. Non ci sono documenti ufficiali che provino la “concertazione” con il defunto sindaco Vittorio Potì; ma in ogni caso, l’attuale sindaco Marco Potì ha espresso la sua contrarietà: la “concertazione” vale solo se è a proprio vantaggio?
3) Tap non ha coinvolto Arpa neanche nella fase dei rilievi sul fondale marino effettuati tra dicembre 2012 e gennaio 2013, nonostante Arpa fosse l’unico organismo deputato dalla legge a verificare il rispetto dei protocolli di campionamento dei prelievi, che ad oggi risultano non validati e quindi inefficaci. Incalzato su questo punto, Russo ha ammesso di “non aver dormito per due mesi” per “quest’errore commesso dal contraente“, ovvero dall’impresa a cui sono stati affidati i rilievi. Ma come fa un Consorzio multinazionale a commettere un errore così macroscopico e poi a chiedere al territorio di tributargli fiducia?
La Redazione