Ai morti della mia terra
A chi senza arrendersi, ma sorridendo
lotta o ha lottato contro un male tremendo.
Sai, paese mio, io sempre ti ho amato
sin dalla culla, dacché sono nato:
ché c’è sempre posto nel tacco di Puglia
per chi vuole ammirar la tua magica guglia.
Ma crescendo ho imparato, col cuore dolente,
che non fai che ammazzar la tua povera gente:
quel soffio di vento, il nostro maestrale,
ha qui trasportato il seme del male.
Dal mio terrazzo, le sere d’estate,
di fumi nell’aria ne vedo a palate.
Ho ancora il ricordo di un giorno di maggio
che di raccontare mi manca il coraggio:
scavavan nel parco, increduli e muti:
non si finì di contare i rifiuti.
E quanti segreti ancora nascondi
nell’aria, nei campi, nei mari profondi!
Terra crudele, che uccidi i tuoi figli
mai basteranno gli splendidi gigli
sulle tombe di chi, come giunco spezzato,
è morto per te, pur avendo lottato.
Chi colmerà cento vuoti infiniti
nei cuori di mogli che han perso i mariti?
E chi ridarà nuova vita ai malati?
Non certo tu, terra, che li hai condannati.
Mille altri amori vorrei baciare
nel mio paese di santi e macàre,
ma farei bene, mi dico, a scappare
da questa terra infestata dal male.
Paolo Miceli